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Due blocchi rettangolari di cemento bianco sorreggono una coppia di Technics SL-1200, merce rara. In mezzo, il mixer è pulito senza alcun tipo di estensione, non ce n’è bisogno. Eppure siamo ad uno dei migliori eventi techno in circolazione, il Movement di Torino (31.10.2016), ma sappiamo fin troppo bene quanto il mondo, il nostro mondo, sia profondamente cambiato. Lo spazio della consolle ha subito importanti cambiamenti ai quali soltanto chi ha una spiccata sensibilità, necessaria a riadattare rapidamente i cinque sensi, ha saputo abituarsi. Cambiare non è obbligatorio. Si può rimanere affezionati all’ambiente che ci ricorda da quando eravamo bambini. Quel quadro non voglio buttarlo, quel soprammobile mi ricorda quanto sono stato amato. In tal caso però serve una personalità superiore, un carisma fuori dal comune, strabordante. Sven Väth arriva in consolle poco prima delle 21. Sistema la stanza con cinque semplici mosse. Guardarlo lavorare da vicino è una fortuna esagerata. La sua presenza scenica è una sfumatura della reverenza. Testa rasata, occhiali trasparenti da scienziato, Sven non ha bisogno di nessun artifizio. Due vinili, nessun effetto, semplicemente una sequenza magistrale di dischi techno, scanditi da occhiate fulminanti, mani che si muovono sul vinile e nell’aria come quelle di un direttore d’orchestra, senza sbagliare di una virgola, di una tonalità, di nulla, mai. Quando girandosi incrocia i miei occhi provo una specie di soggezione, di profonda ammirazione e rispetto per un artista, un uomo, che ha attraversato oltre tre decadi di club culture da protagonista e testimone oculare di un cambiamento fisico e materiale che tecnicamente non ha bisogno di accattare. Perché lui è Papa Sven.
Ciao Sven. Senti è facile immaginarti in modalità “eat-sleep-rave-reapeat”. Ma cosa fai quando non stai facendo festa suonando musica techno?
Ho anche una vita privata, passo gran parte del tempo insieme alla mia fidanzata italiana e con mio figlio Tiga. Faccio ginnastica ogni giorno, ascolto musica nuova, incontro i miei amici e viaggio per il mondo. Mi godo in modo particolare il tempo libero a Londra, una città entusiasmante e vivace!
Sono trent’anni ormai che le tue stagioni sono scandite da incredibili maratone musicali, da Ibiza alle Americhe fino all’Australia. Ti senti mai stanco? Ti viene mai voglia di non vedere e non parlare con nessuno?
Vivendo una vita “rumorosa” ho anche bisogno di tempo per recuperare, di stare per conto mio, di prendermi cura di me stesso e della mia famiglia. Specialmente dopo il tour estivo mi prendo una pausa e faccio la mia annuale Ayurveda in modo da riequilibrare l’organismo. In gennaio mi concedo qualche settimana libera in Asia. Nessuna serata, nessun viaggio, niente musica, ma non posso dire di voler stare da solo. Mi piace comunicare e condividere i bei momenti con i miei cari.
Mi piacerebbe approfondire l’esperienza purificatrice alla quale ti sottoponi ogni anno…
Ho iniziato il trattamento Ayurvedico circa ventidue anni fa e da quel momento è diventato una sorta di rituale. Preferisco la cura “Panchakarma” che include trattamenti giornalieri a base di olii con l’obiettivo di purificare la pelle e l’organismo, massaggi, cibo vegano, niente alcool, regolarità nelle ore di sonno e, più importante di tutto, pace interiore. In questa fase purifichi i sensi e hai il tempo di riflettere. Non è sempre facile passare dall’umore festaiolo estivo a quello ayurvedico. È importante mantenere un determinato stile di vita, non solo durante il trattamento ma soprattutto nelle settimane e nei mesi successivi nei quali evito carne e alcolici e mi alleno per almeno due o tre mesi.
Hai da poco compiuto 52 anni e in consolle sei ancora così fresco ed energetico. Pensi mai alla fine della tua carriera oppure è un pensiero che ti spaventa?
Amo quello che faccio e non ho nessuna intenzione di fermarmi.
Recentemente ti ho visto spesso in compagnia di tuo figlio Tiga. Ti piace o senti la necessità di mostrare anche questo lato così personale della tua vita?
Il mio lavoro e la mia vita privata sono fortemente connesse. Ovviamente cerco di difendere la mia privacy, ma qualche volta porto Tiga con me un paio d’ore durante il pomeriggio per mostrargli cosa fa Papà. Non ho problemi a condividere foto con lui sui miei social media purché sia rispettata la sua privacy.
Come abbiamo ricordato, sei protagonista e testimone oculare di tre decadi di club culture. Come hai visto cambiare la scena? Sono le persone ad essere cambiate di più o la musica?
Questo è il mio trentacinquesimo anno di carriera come deejay e ovviamente ci sono stati e ci saranno cambiamenti, ma puoi anche riconoscere “cicli” nella nostra scena. Succede che alcune cose che sembravano perse improvvisamente tornino ad essere di nuovo “trendy”. Prendi ad esempio la cultura del vinile. È stata data per morta varie volte ma è ancora viva, adesso più che mai. Probabile che i giovani di oggi abbiamo un approccio differente alla nostra musica, la scena è diventata globale e la competizione è più grande di prima, i festival nascono ovunque ti guardi intorno, i club hanno più difficoltà e i giovani deejay vogliono diventare superstar in una notte e vivere una vita da rockstar piuttosto che prendersi cura dell’aspetto musicale e dei nostri valori. D’altro canto però vedo molti sviluppi positivi, essere ancora vitale e innovativa è un grande risultato per la nostra scena musicale.
Anche il tuo look è cambiato in questi anni. È un modo per re-branditore te stesso?
Amo reinventare me stesso, ma è una cosa che accade in maniera naturale, non c’è niente di pianificato a riguardo, semplicemente succede.
Se tu dovessi scegliere un’istantanea dei vari Sven, quale sceglieresti?
Non posso sceglierne una, ognuno aveva un carattere particolare. Al momento mi senti piuttosto a mio agio.
A proposito di agio, come ti poni nei confronti della definizione “Godfather of techno music”?
Non ho scelta, sono qui dall’inizio, di conseguenza sono grato di questa descrizione e mi sento onorato di condividere ancora la mia visione con la gente.
Ti ricordi quando hanno cominciato a chiamarti “Papa”?
Negli anni novanta In India le persone mi chiamavano “Baba”, che significa “Guru”. Poi all’improvviso è diventato “Papa”.
Nel 1987 hai partecipato con il tuo gruppo elettronico OFF e la canzone ‘Electrica Salsa’ ad Azzurro, un concorso musicale in onda su Italia Uno e presentato da Claudio Cecchetto a Bari. Che ricordi hai di quella esperienza?
Ricordo che c’erano più di trecento ragazzini urlanti di fronte all’Hotel dove alloggiavo visto che ero una popstar in Italia. Mi piacque molto esibirmi di fronte al pubblico, come ancora faccio.
Hai sempre avuto una grande presenza scenica. Pensi che se tu non avessi lavorato come DJ avresti comunque intrapreso una carriera nel mondo dello spettacolo come cantante, attore, o qualcosa del genere?
Preferisco fare il DJ!
Ho sentito dire che una delle tue canzoni preferite di tutti i tempi è ‘Gloria’ di Umberto Tozzi. È vero?
No, non è vero. Preferisco ‘Via Con Me’ di Paolo Conte.
Sei la quintessenza del deejaying ma non hai prodotto così tanta musica. Come mai questa scelta?
Ti devo correggere. Ho prodotto e co-prodotto 13 album, molti singoli e vari remix. Non so quanti deejay techno abbiano questa vasta discografia, dai un’occhiata a “Discogs”. È solo negli ultimi anni che mi sono concentrato sul deejaying. Ma mai dire mai, magari un giorno tornerò in studio.
Le tue maratone in consolle sono leggendarie. Qual è il tuo record?
33 ore, a Berlino e Ibiza.
Quanti vinili metti in un’ora?
Circa 15-18 ogni ora.
I deejay sono i marinai dei nostri tempi. C’è un posto che chiami “casa”?
Hai ragione, probabilmente passo gran parte del mio tempo in aerei, machine e alberghi, ma ho trovato la mia casa in vari posti. Sono di Francoforte e ho scoperto Ibiza negli anni ottanta, ho vissuto qualche anno in India nei novanta, ogni anno trascorro un paio di mesi a Phuket in Thailandia e adesso vivo a Londra. Sono a casa nel mondo.
Sei un uomo felice?
Oh yes!
Sven Väth “The Sound of the 17th Season”- Double CD is out now on “Cocoon Recordings” (WAS Distribution)
FONTE: djmagitalia