"Li femmene la sera de san Gianne
jevane tutte ‘nchietta a la marina
allere se ne jeano senza panne".
(...dai versi del Velardiello, poeta napoletano del cinquecento)
La festa di San Giovanni, nella notte tra il 23 e il 24 giugno, ha in realtà un’origine pagana, conosciuta In centro Europa come Nit de les bruixes (“Notte delle streghe”) o Nit del foc (“Notte del fuoco”). Il processo di purificazione dell'antica festa prevedeva l’accensione, allo scoccare della mezzanotte, di enormi fuochi e una serie di riti purificatori con l’acqua di mare o di fiume.
A Napoli la festa era molto sentita già in età antica. Talmente tanto che a metà del 1600 il vicerè Garcia de Haro Sotomayor ne vietò due elementi sconvenienti: il ballo e il bagno comune in mare. Secondo le cronache del Quattrocento, a Napoli la festa rappresentava il matrimonio tra la terra e il mare. Il fulcro delle celebrazioni era rappresentato dalla zona del Carmine, a quell'epoca una enorme insenatura affacciata sulle acque cittadine. La popolazione, e in particolar modo le donne, si abbandonava quella notte a sfrenati canti e balli (la “mperteata” e la “ntrezzata”), bagordi e a una festa che durava fino alla mattina seguente, in una atmosfera magica che culminava con il bagno collettivo a mare. Soltanto la mattina dopo, i carri con i devoti venivano guidati verso la chiesa di San Giovanni a Teduccio, dove venivano benedetti.