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Agli inizi del 2011, Mika fa i bagagli e va a Montreal per realizzare il suo terzo album, con un approccio organizzativo fai da te, usando solo miglia aree, fantasia e soprattutto zero programmi. Negli episodi uno e due del mondo di Mika, l’artista aveva creato un modello chiaro del suo universo, un microcosmo di palloncini e lucine colorate e personaggi animati (sia inteso come cartoni animati sia come personaggi eccitabili) definiti dalla loro ingenuità infantile, un mondo dove le certezze non erano mai messe in dubbio. La musica che aveva riversato nel mondo era alimentata da irresistibili hook creati dalla sua mente musicale come tante contorte filastrocche. Ma a Montreal tutto questo cambia. Il sound creato da Nick Littlemore, il pioniere elettronico australiano dietro Pnau ed Empire of the Sun, cattura la sua immaginazione e Mika decide di mettersi alla ricerca di questo potenziale nuovo collaboratore. ‘Prima di conoscere Nick, ero l’aguzzino di me stesso, il mio schiavista,’racconta oggi, ‘Non conoscevo altri metodi di lavoro. Ero un ventiduenne che creava musica in un angolo’: solo Mika, il suo piano e la sua fantasia. Nei successivi cinque anni dall’esplosione della hit mondiale Grace Kelly, che ha generato due album da milioni di copie vendute e cinque tour mondiali, avviene un cambiamento personale. Mika cresce sia come autore, sia come essere umano. L’album numero tre offre una straordinaria raccolta di eleganti e multi sfaccettati sound elettronici. D’altro canto Mika è anche affascinato dal sound di Laurel Canyon degli anni 70 e dai suoi ariosi suoni d’idilli bucolici. Questi due elementi fusi insieme formano un nuovo e armonioso sfondo sonoro per i testi di Mika. Il tocco leggero rispetta comunque la sua regola chiave: ‘Un tocco leggero non significa necessariamente leggerezza anche nella sostanza.’ Il pop operistico ha preso una chiara sterzata. I truismi emotivi sono presentati con distici semplici, eloquenti e prosaici. Alice è uscita dallo specchio. Tutto ciò porta alla luce un qualcosa di intenzionalmente intimo. Mika matura e diventa un artista che non ha più bisogno di nascondersi dietro costumi e stratagemmi. Nel creare questo scontro di sound acustici / elettronici con Nick a Montreal, ironicamente rende il suo sound più umano. In The Origin of Love, la sua immaginazione è alimentata dalla realtà, non dalla fantasia. ‘In effetti, anche se strano, ha senso. Volevo espandere i miei orizzonti musicali. Nick mi ha permesso di andare in posti dove non ero mai stato. C’è maggiore umanità nel prendere un suono che hai creato e manipolarlo elettronicamente o digitalmente rispetto al chiamare un musicista di studio, fargli suonare il basso per venti minuti e prendere quello che ti serve da mettere nel disco. Adoravo l’atmosfera che Nick aveva creato in studio. Ballavamo. Non ti metti a ballare quando sei da solo. Mi ha fatto sentire illimitato. Essere in uno studio dove tutto sembrava possibile, senza regole da seguire, questa è stata un’ottima base di partenza.’ La loro prima collaborazione, e pietra di paragone per la nascita alchemica del nuovo disco, è l’intensa e multi sfaccettata title track, The Origin of Love. La versione finale proviene in gran parte dal demo originale, mantenendo così nel disco uno spirito più naturale possibile. Ricorda una The Greatest Love of All di George Benson trascinata nella macchina del tempo, presa a pugni in discoteca e sparata a capofitto nelle possibilità digitali senza limiti del 21esimo secolo. Se non ami te stesso, amare gli altri è impossibile: un tema eterno reso ancora una volta opportuno. Nel 2012 Mika si sente pronto per lanciare nel mondo questo messaggio. A Montreal sono emerse in particolare due canzoni sul tema dell’amore, della tolleranza e della gioia. Il primo singolo Celebrate non potrebbe essere più gioioso nel suo evocare il potere trasformativo dell’amore: è una chiamata alle armi in un mondo cinico, una rivelazione diretta sotto le luci della discoteca. Se Celebrate è The Origin of Love nella sua forma dance-pop più diretta, l’acustica Lola, ispirata ai Fleetwood Mac, è il rovescio della medaglia. Sul tema del mestiere più antico del mondo, Mika ha un approccio tenero ed empatico. Il ritmo propulsivo e schitarrato del brano è messo in risalto da un video su Youtube realizzato con l’artista del burlesque, Dita Von Teese. Mika ha tratto ispirazione da luoghi e stimoli insoliti. La struttura di Heroes, ad esempio, nasce dalla lettura di una poesia di A E Housman sui veterani di guerra che tornano a casa. Il crescendo ipnotico di Underwater s’ispira a una pubblicità di jeans degli anni 90 di Michel Gondry, una diatriba di 90 secondi apparentemente insignificante ma splendidamente realizzata sul concetto che quando siamo innamorati, ne siamo consumati a tal punto da poter respirare sotto il livello del mare. ‘Ed è esattamente come ci si sente,’ sottolinea. ‘Quella sensazione estatica ti fa superare qualunque cosa. Mi ero liberato dall’isolamento, non ero più solo davanti al pianoforte.’ In tutti i sensi. ‘Sono un artista difficile,’ ammette, ‘So di esserlo. Realizzo musica pop alternativa guidata da me, dall’artista. Lo faccio con la massima onestà, in un periodo dove tantissimi album sono espressioni incomplete e false. Non provengo dalla scuola della Brill Building. Queste sono le mie espressioni, le mie dichiarazioni.’ Ispirato dalle incredibili emozioni umane prodotte dalla sperimentazione elettronica di Laurie Anderson e Steve Reich, Mika ha deciso di convogliare nella sua straordinaria sensibilità pop il lavoro di questi iconoclastici artisti proiettati nel futuro. “Succedeva qualcosa di vero in studio, di reale, lo percepivo chiaramente.’ Mika ha scritto la sua canzone d’amore più limpida e generosa, Make You Happy, e ha inserito all’inizio del brano la voce di un robot che ripete la frase ‘All I want to do is make you happy.’ [tutto ciò che voglio è renderti felice]. E’ stata diffusa in modo virale come primo assaggio del disco. ‘Volevo che le persone potessero avere accesso alla mia musica in modo pulito, diretto e il primo assaggio al quale il mondo ha accesso è cantato da un robot. E’ una sensazione di purezza ed è fondamentale per la filosofia di questo disco. Le mie campagne promozionali sono lente, a volte anche ostiche. Io faccio pop music alternativa che non è facile da promuovere. Ma se non fosse difficile, non la farei. E’ in ogni singola fibra del mio essere. Non esiste nient’altro.’ La nuova lucidità nel lavoro è favorita da due eventi, avvenuti tra il secondo e il terzo album, eventi che gli hanno cambiato la vita. Alla fine del 2010 la sorella Paloma, nonché sua intima collaboratrice artistica, cade da una finestra a 15 metri di altezza e riversa in condizioni gravi in ospedale. ‘Non potevo lavorare sapendo cosa stava passando mia sorella. E’ stato solo dopo la sua miracolosa guarigione, tale da sfidare la scienza secondo i dottori, che ho deciso di andare a Montreal e ricominciare.’ E poi c’è l’amore. ‘Sono molto felice nella mia attuale relazione,’ racconta, sapendo che la natura delle sue performance sgargianti porta sempre una serie di domande. ‘Sono per natura una persona molto riservata ma questo momento della mia vita mi è sembrato ideale per scrivere d’amore. Ovviamente c’è sempre questa domanda che aleggia nei miei confronti e il mio rifiuto di rispondere è solamente dovuto al fatto che è già tutto nella mia musica. Non si possono spingere le persone a dire le cose solo perché bisogna rientrare in determinati parametri. Non ero ancora sbocciato’ The Origin of Love è ovviamente un disco molto importante per la carriera e per il viaggio personale di Mika. ‘Quello che abbiamo creato è intriso di gioia. Ogni momento del disco riflette la gioia che provo per la mia vita e per ciò che faccio. Muoio dalla voglia di farlo sentire al pubblico.’ Naturalmente c’è anche un certo nervosismo intorno a un album così intimo. ‘Non so come reagirà la gente,’ commenta, ‘Io faccio dischi strani che hanno un cuore. A volte sono grandiosi. Ma è dai tempi di Grace Kelly che non sentivo di avere tra le mani una canzone potente come The Origin of Love: è un punto di riferimento da esibire, un caposaldo.’