WHATSAPP: VIETATO AI MINORI DI 16 ANNI

NESSUNO SA COSA E' SCRITTO NEI TERMINI DI UTILIZZO

pubblicato da Domenico Errichiello

Per la privacy, WhatsApp è stato più volte al centro di polemiche legate all’utilizzo dei dati raccolti, soprattutto in seguito all’acquisizione da parte di Facebook. Il suo modello di business senza pubblicità e con un canone annuale dal valore irrisorio non appare infatti particolarmente redditizio. Secondo molti analisti il vero motivo che avrebbe invece convinto Zuckerberg a investire 22 miliardi di dollari è rappresentato proprio dai dati degli utenti.

Nonostante la preoccupazione per la privacy, solo in pochi leggono con cura le condizioni d’uso di WhatsApp. Documenti di questo tipo sono solitamente redatti da un ufficio legale e definiscono ciò che si può e non si può fare con l’app, come vengono utilizzati i nostri dati e qual è la corte competente in caso di controversie legali. 

Il Corriere ha commissionato l' analizzo di tutte le righe, e sembra aver trovato alcune informazioni davvero interessanti. Per esempio, nonostante l’ampia diffusione tra i giovanissimi, l’utilizzo di WhatsApp è vietato in ogni modo ai minori di 16 anni. Nelle condizioni si legge infatti che l’app non è un servizio adatto ai bambini e che l’uso da parte di minori costituisce grave violazione delle condizioni. Stesse restrizioni per gli utenti che si collegano da paesi sotto embargo o ritenuti “simpatizzanti dei terroristi” secondo il Governo degli Stati Uniti D’America.

Attenzione inoltre ai contenuti dei messaggi inviati ai propri contatti perché possono essere messi a disposizione del governo in caso di violazioni o segnalazioni. Le condizioni di utilizzo prevedono infatti che non sia possibile condividere materiale illegale, dannoso, diffamatorio o razzista, né tantomeno pornografico. Paradossale se si pensa che, vista la sua diffusione e il potere virale, WhatsApp è uno degli strumenti più coinvolti nei casi di cyberbullismo per diffondere immagini e video delle vittime. E nel caso inutile dire che il telefono era stato rubato perché si sarà comunque chiamati a risponderne di fronte alle autorità. Se infatti non si blocca immediatamente l’account e il ladro utilizza WhatsApp per commettere eventuali crimini, come l’invio di foto o dati personali, la responsabilità ricadrà totalmente sul titolare dell’account.

Nel documento relativo alla privacy si legge che, utilizzando la versione web di WhatsApp, si trasferiscono alla compagnia informazioni sulle pagine visitate, sulla cronologia e sul tempo speso al computer, oltre ai numeri di telefono in rubrica e a dettagli sull’infrastruttura con cui si naviga in rete. In effetti non è chiarissimo l’uso che viene fatto di tutte queste informazioni. WhatsApp sostiene di non tenere traccia dei messaggi inviati una volta consegnati e di conservare solo per poco tempo i file scambiati. Per quanto riguarda invece i dati di utilizzo, la compagnia li raccoglierebbe per “migliorare il servizio, creare nuove funzionalità, promozioni e servizi”. Inoltre, si legge che questi dati non saranno ceduti a società terze senza il consenso della clientela; resta da capire però se Facebook sia considerata una società terza o meno. Una cosa è certa, secondo questo documento, i dati di tutti gli utenti WhatsApp finiscono in California, dunque eventuali leggi di altri stati non vengono applicate e fanno fede solo quelle federali. Sarà forse anche per questo motivo che, quando Facebook ha comprato Whatsapp, circa 8 milioni di persone sono migrate al suo concorrente Telegram.