“CONQUISTO HOLLYWOOD CON UNA GOPRO”. PARLA IL REGISTA DI HARDCORE!

DUE ANNI FA, IL VIDEOCLIP BAD MOTHERF*CKER HA SBANCATO IN RETE. ORA IL FILMMAKER RUSSO ILYA NAISHULLER DEBUTTA CON UN FILM GIRATO INTERAMENTE IN PRIMA PERSONA

pubblicato da Benny Quinto

“Immagina 8½ di Fellini girato con una GoPro. Immagina un’esperienza non-stop. Un punto di vista unico, soggettivo. Non solo nel porno, il primo ad aver adottato Oculus Rift e Samsung Gear VR, ma in una commedia di Groucho Marx, per esempio. Ecco verso dove sta andando il cinema”. Il regista russo Ilya Naishuller, poco più che trentenne, ha le idee chiare: 120 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo con il videoclip Bad Motherf*cker, realizzato e montato sotto un’impenetrabile prospettiva unilaterale, per promuovere in rete la punk band Biting Elbows, di cui Naishuller è front man. Ed ora un film video-game realizzato interamente con le elastiche action cam, montate in testa, sul petto e nel polso del protagonista (l’attore di culto e stunt Sharlto Copley). Il fenomeno si chiama Hardcore!, nelle sale italiane dal 13 aprile; durante il primo weekend di programmazione negli States è rimasto schiacciato dalla commedia The Boss e dallo scontro Batman v Superman. “È stato il produttore e regista Timur Bekmambetov a contattarmi per primo, via Messenger, dopo aver visto Bad Motherf*cker. Mi ha incoraggiato a espandere il mio stile, ipotizzando un film d’azione dove lo spettatore potesse immergersi nella storia e viverla in prima persona”, ci racconta il filmmaker negli Studios di Stx Entertainment (Los Angeles), una società giovane che ha forti legami con la Cina. Hai scelto la strada della raccolta fondi su Indiegogo (il costo complessivo del film è di 10 milioni di dollari). Perché? Non bastava l’endorsement di qualche executive? “Bekmambetov, per noi russi una specie mito della settima arte, era colpito dall’originalità del concept. Insieme a lui, tra i sostenitori, Samuel L. Jackson e Gregg DiLeo, a capo dello Sports Marketing per GoPro. Per quanto folle, l’idea di un lungometraggio girato tutto dal punto di vista del super-soldato Henry, ex umano con parti di droide, ha affascinato in particolar modo il web: i responsabili di Indiegogo mi hanno detto che mai prima d’ora erano arrivate sovvenzioni tutte insieme da Corea del Sud, Danimarca, Svezia, Israele e Russia.

   

E David Newman, il Senior Director of Engineering di GoPro, si è offerto di darci una mano. “Da quel momento sono arrivate centinaia di mini-fotocamere via Fedex a Mosca, e si è creato il passaparola. Siamo in una fase in cui cinema e tecnologia usurpano energia a vicenda. I giovani registi preferiscono allontanarsi dai classici strumenti narrativi e scegliere formule più innovative. Il cinema di genere, soprattutto l’action, ha sempre tentato di immergere il pubblico nello spettacolo; adesso, attraverso gli occhi del cyborg Henry, tutti possono abbattere quel muro”. Le riprese sono ambientate a Mosca. Qual è lo stato di salute del cinema russo? “L’industria dello spettacolo è un riflesso della società, per cominciare. Giriamo film importanti, circola tanto denaro, anche in televisione, ma i professionisti scarseggiano e nessuno sembra avere il senso pratico dell’etica e della reputazione. Puoi trovare un tecnico delle luci sul set del tuo film che non ha la minima idea di quello che sta facendo, così ti tocca licenziarlo in tronco. Il giorno dopo lo ripeschi in un altro dipartimento, come nulla fosse. Questo modo di lavorare rallenta lo showbiz”. In Hardcore! mescoli sci-fi, robotica, ultra-violenza e comicità. Con quale entusiasmo ti sei avvicinato a questo shake? “Uno dei miei riferimenti è la detective story Una donna nel lago del 1947, il film tratto dal libro di Raymond Chandler, diretto e interpretato da Robert Montgomery. Volevo trovare un equilibrio tra violenza, humor e sentimento. Non dimentichiamo che Jimmy [Sharlto Copley, ndr] torna in vita per mano della moglie e ha il compito di sconfiggere un potente signore della guerra. Lei prima gli rivela che il suo nome è Henry poi viene misteriosamente rapita. “Lo spettatore deve risolvere il grattacapo, mettersi dalla parte di Henry – letteralmente dietro i suoi bulbi – e sopravvivere nel bel mezzo di Mosca, dove tutti lo vogliono morto. Non ho miscelato gli ingredienti come si progetta un videogioco cool. Ho ideato una vera e propria struttura cinematografica, liberandomi delle gabbie del cinema. Quali gabbie? I tempi, ad esempio: qui non c’è mai una pausa. Lo script: la fluidità dell’azione è talmente esplosiva da farti dimenticare la sceneggiatura. Insomma, io la chiamo anarchia controllata“. È evidente la tua passione per gli spaccatutto hollywoodiani. Ma da dove arriva? “Ho sempre sognato di realizzare un film personale, girato nella mia terra ma destinato a un pubblico americano. Il mio percorso di studi è abbastanza breve: ho frequentato una scuola di cinema per un anno e mezzo poi me ne sono andato. Una perdita di tempo. C’erano ottime persone però, e due di loro [l’esperto di computer grafica Sergey Valyaev e la produttrice Ekaterina Kononenko, ndr] sono rimaste nel mio team. Preferisco lavorare sui set, leggere dei bei libri e scrivere, credo sia la scuola migliore”. A cosa si avvicina il tuo gusto? “Vado pazzo per musica (mi piace pensare che sono un musicista ma non ci credo per davvero), cinema e video games. Uno su tutti, Half-Life, uno shooter in prima persona sviluppato da Valve L.L.C. per Microsoft Windows. Non amo particolarmente il camp anni Ottanta; direi che, nonostante gli errori e le imperfezioni del mio debutto, prendo molto seriamente il mio mestiere. Sono quasi dogmatico. Per Hardcore! ho subito imposto che il super-soldato non parlasse o, al massimo, sputasse qualche parola appena. All’inizio avevo in mente un alieno che si schianta sulla Terra e si mette sulle tracce della madre ma ho capito che l’empatia di un alieno è diversa da quella per un uman-droide. La fantascienza mi ha insegnato a non spezzare la sospensione dell’incredulità”.

A proposito di nuove direzioni, per il cinema che tipo di scenario hai in mente? “Credo che la sequenza iniziale di Strange Days di Kathryn Bigelow, con l’uso di quel particolare punto di vista, sia qualcosa di mai visto, di inaudito. Un obiettivo è senz’altro utilizzare il 35 mm senza ricorrere alle GoPro – noi abbiamo preso le Hero3 – e alla Cgi. Le mie future invenzioni avranno invece il tocco dei Prodigy e del loro video Smack My Bitch Up“. Durante le proiezioni di Hardcore! alcuni spettatori hanno accusato vertigini. Credi che una tecnica del genere debba essere perfezionata? “Dopo aver girato ore ed ore di test abbiamo trasposto tutto in digitale, ci siamo rinchiusi in una sala di montaggio e abbiamo visto che effetto faceva. Nessuno si sentiva a proprio agio, all’inizio. Ecco perché ho spento il proiettore e mi sono messo a ritoccare Hardcore! fino all’ossessione. Il mestiere del regista, in un esperimento come questo, è trasmettere piacere sensoriale al pubblico, e non porlo necessariamente in una condizione di panico. È come un’ipnosi: se sbagli tasto, non importa quanto Sharlto sia eccezionale sullo schermo, finisci con gli occhi fuori dalle orbite”. Hai nominato Sharlto Copley. Perché lo hai scelto? “Mi piace l’allure, il modo in cui occupa lo spazio col suo corpo… Lo conoscevo per il ruolo di Chappie in Humandroid e per Wikus Van De Merwe in District 9 di Neill Blomkamp. Ci siamo capiti al volo, forse perché è anche regista e produttore. E ha passione per le cose strane. Gli piace prendere Hollywood in contropiede”. Mai avuto problemi di censura? “In Bad Motherf*cker un pastore tedesco finisce scaraventato fuori dalla finestra: all’epoca YouTube mi bannò, credendo che avessi usato un cane vero. Figurati, ho due gatti e un cane a casa”. Come stanno? “Stanno tutti bene”.

FONTE: wired